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Spiegare il perché scriviamo poesie e perché a volte non se ne può fare a meno non è semplice.
Prova a raccontarci l'origine del suo poetare e le inevitabili difficoltà lo stesso Giuseppe Ungaretti in un'intervista del 1961. Ecco qualche passaggio:
 
" Sentivo che in quella poesia intensa [riferito alla poesia di Mallarmé (n.d.r.)] c’era un segreto e che la poesia è tale quando porta in sé un segreto. Se la poesia è decifrabile nel modo più elementare, non lo è più. Anche la poesia che pare semplice è una poesia che contiene un segreto...
...Chi fa poesia lo fa di certo senza pensarci, perché occorre farla. Ho scritto il primo libro di poesie, Il porto sepolto, e poi parte de L’allegria in trincea su pezzetti di carta che mi capitava di avere, sull'involucro delle pallottole, su pezzi di cartone, cartoline, in mezzo al pericolo.
Quando mi sono trovato di fronte alla guerra mi sono trovato anche di fronte a un linguaggio che dovevo per forza di cosa rinnovare, rendere essenziale, perché non avevo il tempo di usare un linguaggio complesso, avevo bisogno di un linguaggio che fosse essenziale riducendosi a un punto estremo, dando al vocabolo un valore enorme."