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Alessio Romanini

 

Persona Sconosciuta

Alcune Note Biografiche:

Alessio Romanini  Mi chiamo Alessio Romanini, sono nato a maggio del 1976, vivo a Viareggio e amo scrivere.' Con questa frase iniziale Alessio ci ha già detto tanto di sé, forse tutto quello che abbiamo bisogno di sapere: ama scrivere, ma ci fa piacere segnalare il percorso - per nulla immediato - di avvicinamento alla pubblicazione delle sue poesie. Da una prima partecipazione a un concorso indetto nella sua città dall'Associazione Vita alla Vita passa in breve a misurarsi con altre competizioni - Premio Stellina, Il mare dentro, Invito alla poesia, premio Michelangelo Buonarroti, premio Il Federiciano, solo per dirne alcuni - che gli regalano la soddisfazione di buoni piazzamenti. Il 16 ottobre 2019, esce la sua prima silloge con il titolo “ Rime Spente” edito da Giovane Holden Edizioni. Nel novembre 2019, al XXXI Concorso e Premio Nazionale dedicato a Giuseppe Gioachino Belli arriva in finale e vede la propria poesia pubblicata nella raccolta. A marzo 2020 esce sull'antologia “Le poesie del Clepsamia 2019” dopo aver partecipato al concorso classificandosi come finalista. A febbraio 2020, partecipa al concorso Pagine d'oro della poesia italiana. L'editore apprezza in modo particolare la poesia "Gemito imbroglione", che vedrà la futura pubblicazione nella prossima antologia.

Raccontami di te...

Raccontami di te, del sorriso
se è intriso di cordoglio.
Delle palpebre. Delle tumide
labbra. Delle madide mani.
Raccontami di te,
della solitudine
che inettitudine diventa
del vivere.
Della distanza che ci avvicina
nel penare; ed è brina nel cuore.
Raccontami di te, delle illusioni
che abbandoni nei lucciconi
del tempo; il quale lento
veloce scorre... Sento
lo sciabordare.

O Nettuno

Nettuno, annega
le lacrime nelle tue onde.
Confondile con il
sale marino.
Questo cuore malinconico
sciabordalo
con l'immenso tuo ondeggiare.
Naufraga il pensiero.
Naufraga il tedio.
Naufraga il cordoglio.

Nettuno, annega
la solitudine nello sciabordare.
Scagliala contro gli scogli.
Frangi la durezza.
L'asprezza.
L'aridità.
Seppelliscila nella grigia
granulosa sabbia.

Nettuno, non cancellare
il disegno del bambino.
Non cancellare il sorriso
disegnato da fanciulle mani.

Nettuno, non obliare
quel piccolo capolavoro
con le tue onde...
Ritirale dalla battima.
Non cancellare il ricordo!

Barbaglio


Mi sono arrestato
davanti la luminosa
strada, sul diafano
azzurro riflesso.
Mentre, lentamente,
una vela bianca
l'orizzonte ombreggiava.
Ho immaginato
di percorrere
la luminosa scia.
L'abbaglio eterno
di luce di vita.
Smarrita la mente,
solo il lento
rumore del mare,
riusciva a scheggiare
il silenzio.
Qualche schiamazzo
di bambino
echeggiava sulla
spiaggia, fra conchiglie
ramoscelli e la verde
erbetta autunnale.
Alle spalle i cantieri navali,
la pineta di levante
e un enorme silenzio,
il quale,
aveva inghiottito il
Tempo.

Agosto Ingannato


Nella silente notte, batteva
forte sulle finestre: cadeva
il temporale sulle tapparelle
come morte; diafane le stelle.

Fulgida mattina calda rinfrescata,
albeggia il nuovo giorno
albeggia la mattina alluvionata.
Tubano i tetti stiracchiati dintorno.

Agosto ormai è giunto,
ma il petto è mesto e smunto
per il tempo che ha ingannato
il presente ed il passato!

La mattina soleggiata, di mare
profumata, e, il rumore cittadino
che delle vacanze è il richiamo:
Ma non sufficiente ad armonizzare
quel dolore persistente e meschino.

SCRIVERE


Scriverò, fino a quando potrò.
Quando la mano destra, riuscirà
ancora una volta a sorreggere
l'inchiostro nero della penna.
Quando le pupille riusciranno
ancora una volta a leggere
le sillabe e i versi e le rime.
Scriverò, di chiome di alberi
di fanciulli sorrisi, di mine
che sbrandellano brandelli
di anime. Del risveglio e
del tramonto del sole.
Scriverò della luna.
La veglio
fra le onde di Nettuno, e
l'azzurro del cielo.
Parlare nessuno può!
male del mio tramontare.
Fra sogni che non ho
sognato, e sogni che ho
rubato alle stelle della vita.
Finisce qua la partita.
Fra scaffali tarmati e
libri ammuffiti.
Felice di essere stato un
tempo un
poeta.

Strage di Viareggio


Era il ventinove giugno. Con grande
sospiro l'orologio si era spento
nella quiete
poco prima della mezzanotte...
Nell'afosa nottata
della morte, il bagliore
la città illuminava.
Della cute arso l'odore.
Dolciastro morto odore,
nelle fiamme gridava e dimenava
e bruciava la vita!
Trentadue deceduti a ricordare
l'ingiusta morte uccisa nel dolore.
Nella sera rovente
di un estate...

Respiro Afflitto


Del sussurrare lo zefiro guardo,
nelle verdicanti foglie del tiglio
il fragile carezzare beffardo.

Respiro da ponente, bisbiglio
mite di primavera a decantare
l'amore nell'amaro cuor vermiglio.

La passione sentivo fibrillare
ma il cuore nel dolore tramontare.

Finestra


Un cereo volto piangente
di lacrime assente
ombroso ombreggiante.
Celato dietro l'alito di fiato
ombrato
sul vetro ghiacciato.
Morbo virale
che aleggi a spirale
sottraendo sorriso vitale.
Di piombo velo di seta
pallido come il volto del pianeta
nella quieta notte cheta.
Piange ancora silente
quel pallido volto distante.
Dietro il diafano cristallo morente.

Espressionismo


Pennellate di colori.
Soffio dell'anima, soffio di vita.
Dipingere una verde lacrima eremita.
Pingere gialli dolori Fra i fiori.
Pitturi lievi acquerelli, sfiori
tele candide. La ferita
rossa come il sangue, colpita
dai pennelli favoleggiatori.
Verniciare l'azzurra solitudine,
nelle lingue di fuoco del tramonto
di terrore e tremare al nefasto racconto.
Urlare la grigia pioggia di inettitudine.
Dipingi come il pittore: irrequietudine.
Irrequieto spirto immerso nel tramonto.
Poeta distratto, rime come un racconto.
Il tuo rimare, un quadro di gratitudine.

Gemito Imbroglione

Si spezza il singulto silente
afflato trafitto dolente.
Immobili dì girovagando
sospirando
dolor scheggiato.
Di rosse stelle foglie
nel firmamento tramontato.
Accartocciato
ricordo sordo e muto, o futuro cordoglio.
Mareggiata di scoglio,
vespro di porpora come Stella di Natale.
Povero amor nato dalla virente pianta. Corale
sentimento immiserito, dal rosso scolorito.
Piangi malinconico singhiozzo,
strozzo
il sorriso nel funesto luccicone!
Sghignazza, singhiozzo singulto, gemito imbroglione
.

Alla Deriva

Vagheggiando nei distratti
pensieri raminghi,
ti accorgi di avere smarrito le labbra.
Ruvide pupille appassite come rosse rose.
Ti affanni per non annegare
nell'oceano salato delle lacrime.
Ti ormeggiano
rimpianti alla deriva del cuor tuo.
Non hai smarrito la strada, hai
smarrito l'esistenza.
Distratto da milioni di affanni:
ti hanno ingannato.
Chimere diafane...
Immobile o refrattario,
stillano
le pupille
piccoli vacui tormenti.

Forasacchi

Il verzicante fruscio stormisce
fra rigogliosi forasacchi.
Ondeggiano le sottili
chiome, lungo l'erboso
ciglio del rugiadoso rivo.
Dal petto stilla
il fanciullo ricordo
dal meravigliato
guardo:
lanciare per gioco le verdeggianti
spighe, sopra l'estiva maglia di Maggio.
Afflitta ricordanza, è
del verseggiatore il respiro.
Discosto, non lontano il rincorrere
sogni, sorrisi. Franta
speme...

XVI Settembre

Era il sedici settembre, un sabato
millenovecentoquarantaquattro.
I Partigiani, il nucleo della V armata
americana, entrarono nelle polverose
rovine e macerie bombardate dagli
stranieri invasori. Città evacuata
martoriata, fortificata a causa
dell'imminente sbarco sulla dorata
spiaggia viareggina, viale Margherita regina.
Racconti da voci sopravvissute che
hanno riportato l'accaduto. Vita morta
partigiana, forza narratrice forza
conquistatrice di sogni e libertà!
Nel cuore dolore di macerie.
Ricordi bombardati; defunti sotto le
rovine di morti e di polvere case.
Cumuli di sofferenza, senza sentenza.
Cumuli di afflizione, all'ombra del sole.

Un Prato di Margherite
17/05/2020

Nella scheggia del fusto,
nel frammento del petalo
o nella corolla dal giallo
profumo, sei cantore dell'amore.
Sei fragile vigorosa infiorescenza.
Nel verde del prato sei nata
timida, umile ornamento dell'esistenza.
Passeggiare con ignudi
piedi per non ferire la frale
bellezza dei boccioli.
Correre, rincorrere trasparenti
chimere e sogni mai sognati.
Dipingere il manto del prato
con pioggerella salata, come
lacrime evaporate strappate
da petali ingialliti
dal dolore; e come
te, piccolo fiore fiorire
nella nuova primavera.
Bianco bocciolo, involucro di
vita...splendida
inflorescenza di capolino.

Iris delle Paludi
23/05/2020

Carezzo il giallo
nato nell'asciutto canaletto.
Tocco la gialla
infiorescenza del selvatico
iris.
Iris, di pioggia ti vesti.
Non gemi di cordoglio
ma di gaudio ti inebri.
Nella modesta eleganza, sei
del rivo spento il delicato ornamento.
Iris, ti appellano con selvatico:
di nascere sei libero,
di morire sei libero.
Il giallo
fiore,
della vita ha il colore.

Artificiere
02/06/2020

Ricordo: era una primavera fanciulla.
Luce fioca trafiggeva la tapparella.
Il timido sorriso nella penombra
della stanza.

Il delirio senile della febbre a quaranta.
Nel giaciglio della casa contadina, il
reale sogno dell'artificiere raccontasti.

Parlavi della lontana America, e
della militare prigione.
Fanciullo e imbarazzato, il
racconto nell'ombra della camera

rimasi ad ascoltare; incantato
emozionato. La sognata
allucinazione del passato, ricordo

aveva reso vero l'incredibile sogno
dell'artificiere perso nel mondo:
nella Seconda Guerra Mondiale.

Con tenerezza rammento il
frammento del dolce racconto.

Ricordo: il tuo sorriso febbricitante
nelle ore di febbre; eccitante
scheggia della tua gioventù

nell'ormai canuta e rugosa pelle.
Ti aveva segnato
la guerra, e tu la sognasti come
tornata.

Riposa in pace, contadino
artificiere; ha ingannato
anche te la vita!

Capodanno
01/01/2021

Vistose bacche, come le ciliegie
grosse, scarlatte, lisce. Sempreverde
arbusto, dal nome buffo; ed egregie
le rosse bacche sul rametto verde,
ornamento lieto di capodanno.
Augurio e speranza, che esso disperde
il virale morbo. Senza l'affanno
venturo; augurando a tutti: buon anno

Al Libeccio
19/01/2021

Libeccio, che sbuffi sulla costa,
mugghi e scaraventi le onde
sulla battigia, e le fronde
della palma alla furia esposta.
O libeccio, immortale sei
ed hai girato la crosta;
dal tuo stormir vorrei
saper la verità nascosta.
Perché nel penare dell'esistenza
poi si muore? Perché non è
dato sapere? Essenza
del peregrinare è
il viver tuo, come
l'araba fenice, dalle ceneri
ritorni a spirare, e, come
il tuo nome, porti e degeneri
con temporali. Il creato
tutto, ha da riparare
la vita, dal temporale.
Nel suo errabondo viaggiare,
poco è il tempo di capire
e si perde in chimere,
o in patetiche congetture.
Libeccio, concreto ed astratto
è il tuo soffiare, tutto sai
ma non puoi confidare.
Io non so nell'apparenza
dove vai a morire, tu,
rinascere puoi, a noi rimane
sparire da questa zolla infetta.

Il Silenzio

Piangi muto Silenzio.
Piangi in queste ore
di assenzio.
Lungi dal sorridere
nel mutismo;
non riesci a sorridere.

Silenzio, il volto pallido
e scarno.
Nei tuoi occhi tumidi
di pianto; il rimpianto
ha scavato ferite.

Getta quella maschera
di sofferenza
e nell'assenza di parole,
grida, Silenzio, grida
il dolore.

Non c'è fiore
che non nasca
penando, nello sbocciare
da arida terra.

Amare non Amando

Nel tuo lieve sussurro
mi domandi: perché mi ami?

Amo il leggero mantello azzurro
che da sempre hai nel respiro e brami.

Amo il fragile stormire
di verdeggianti foglie...il bruire
delicato che lascia senza fiato.

Amo il rivo silente, stagnante
o veemente, che nello scorrere
rimane come fanciullo sognante.

Amo le alte montagne
così distanti:
antiche e sagge e compagne
della zolla terrestre; giganti.

Amo il frangersi del mare,
con le schiumose onde e il sale...

Amo il tubare di lontano,
ed il garrito lamentoso del gabbiano.

Ma quando resto solo con la sorte,
il cuore sente il brusio della morte.

“Ti amo!” Ma amare non so.

Tiepida luce

Ti irradia questa tiepida
luce invernale.
Irradia
il petto, che spesso è
mesto.
Con tepore lo riscalda.
Con calore.
Un sorriso nel terso
esistere.
Un raggio di splendore
nella vita.

Guardare dentro l'urna

Guardare l'urna delicata
di chimere; scoprire
che non servono a vivere.

Trovarsi a sorridere
nell'ingenua follia
dell'inganno imbroglione.

Scorgere fra frattaglie
del vetusto passato,
quello che hai amato
quello che non hai
dimenticato, nelle fratte
del vissuto.

Esistere, non è amare
amore eterno.

Esistere, non è ambire
all'ambizioso.

Esistere, non è cingersi
di inanimati trastulli.
Esistere è amare
la naturale vita.

Gazania

Vorresti raccogliere
la gracile scheggia di
un sorriso passato
remoto al pensiero.

Fronde di capelli,
rugiada rorida
irradiata
dall'inquietudine
dalla solitudine.

Nell'affanno distratto
dalla nostalgia di ciò
che è
perduto per sempre...
non vedi

il bocciolo,
sta schiudendo
i giovani petali di vita,
vita da amare.

Non importa quanto amare
sono
le ferite del seno.
La pioggia scivola
sopra cicatrici cicatrizzate.

Come la bella gazania
Non chiudere
la corolla al crepuscolo,
o nei dì bui dell'esistere.

L'agnostico e il fanciullo

Un dì, un agnostico entrò
nella cattedrale per
ammirare l'arte.
Un raggio di luce, trafiggeva
la colorata vetrata.
Il luminoso dardo, simile
alla farfalla si posò
sopra uno splendido
affresco... raffigurante
la crocifissione di Gesù.
In basso, in ginocchio
presso la raffigurazione,
c'era un fanciullo; timido
nel suo grattare
con l'unghia il dipinto.
L'agnostico, sorpreso
dall'incredulo gesto, domando:
"ragazzo, perché con le
unghie stai grattando l'immagine?
Non sai che è reato rovinare
un opera d'arte?"
In ginocchio, goffamente il
giovane rispose:
" signore, rovinare
non voglio questo affresco, vorrei
i chiodi dalle mani togliere!
Non vede quanto è grande
la sofferenza?"
L' agnostico da queste ingenue
parole, fu sopraffatto da
Vertigine...

Polvere sui sandali

Cosa resterà
della polvere di noi
che viviamo
ed occupiamo il
sospiro di questo tempo.
Ci scaldiamo con luce
dei nostri avi,
avvolti dall'azzurro
firmamento imperituro.
Nella notte illuminati
dalla stessa Luna
dei poeti trapassati.
Cosa resterà
del pulviscolo
dei nostri pensieri
e i frammenti franti
del nostro passato
del retaggio lasciato?
Continuerà il
fiume a scorrere
con acque rigenerate
acque che non hanno
conosciuto le nostre mani.
Cosa resterà
nella terra brulla
che abbiamo calpestato
e non abbiamo
scosso dai sandali.
Cosa resterà?

Lo zefiro del tempo

Nello zefiro del tempo,
con turbamento
hai sottratto speranza.
Il sogno è svanito
dalla tela pitturata
di gaudio, di armonia.

Come violenta
tempesta, hai distrutto
i colori tenui dell'esistere.
La follia, la tua follia
lucida non ha arso
imperitura...come
fiammella di candela si è
spenta nello zefiro del tempo.

Vorrei scrivere...

Vorrei scrivere, dell'arato
campo nel mese della
primavera, pronto per la
semina.

Vorrei scrivere, delle spoglie
chiome, le quali si destano
dal rigido inverno
per coprirsi di verde.

Vorrei scrivere, di piccoli
passeri paffutelli
i quali, all'albeggiare
cinguettano e zampettano.

Vorrei scrivere, della fresca
aura, la quale profuma
di nuovo, di nato.

Vorrei scrivere, delle diafane
acque, le quali giovani
eterne, scorrono verso il
mare, per morire nel sale.

Vorrei scrivere, del sole
il quale irradia la galleggiante
crosta, irradiando la
fresca luce.

Vorrei scrivere, ma a volte
è difficile spremere il
seno ed esprimere
la meraviglia nascosta.

Crepuscolo di luce

Vibra il tumulto della sera
vermiglio e arancione,
come singulto nel ciglio
sussurro di primavera.

Si tuffa l'astro di luce
nell'orizzonte a ponente.
Un mantello di silenzio
ricopre il firmamento.

Il tempo sembra disegnare
la notte di stelle, e falce
di luna. Cadenti astri,
effimeri, uomini fugaci.

Uomini nelle luminose
mani della madre sorte.
L'albeggiare, dipinge
questo mare di meraviglia.

Barbaglio di luce infinita.

Sognare ancora

Resti chiuso nelle paure, le tue.
Hai deciso di non uscire.
Non riesci a volare, le
ali dei sogni sono tarpate...il
dì sta per tramontare.

Preferisci rimanere, hai paura
di provare, cerchi di rimandare.
Ma il tempo non si può rimandare.

Sei rimasto solo, nel riflesso
di specchi rotti che nel cuore
porti...Il fardello dei tuoi occhi.

Non ti piangere addosso!
Fuori, l'effluvio della vita
sta germogliando
anche per i tuoi occhi.

Strappa quella maschera
di dolore, e, prova a volare.

Le ali tarpate si rigenerano
nel flebile tocco dell'amore.
Amore per vivere...Sognare
Ancora...

Ruscello della vita

Seduto sulla riva del rivo
scrivo:
del sorriso del mare
il passeggiare
sulla battigia grigia;
non vedere le impronte.

Non riesco a vedere
le impronte
sul candore della neve.

Provo a poetare
nella quiete...

Il rivo gorgoglia;
la penna si ferma
sulla soglia della carta.

Un profondo sospiro
si confonde con il
sussurro, con l'azzurro
del rivo.

Accarezzo il papiro
con l'inchiostro nero
e scrivo un verso,
una strofa...e sospiro.

Scorre il fiume, non sente
il rumore del verseggiare...
corre verso il mare.
La purezza dell'acqua non mente.

Non si accorge del rimare,
delle illusioni, chimere
per il cuore dell'amare.
Passioni passeggere...

Volgo il guardo al ciglio.
Piccole margherite il ciglio
mio vede. Continuo a scrivere.
Ma perché continuo a poetare?

L'eterno stormire del rivolo,
nel petto sento scorrere.
Ognuno sente lo scorrere
del proprio ruscello.

Cinguetta l'augello,
come dolce menestrello
mi desta. Nel risveglio
sbadiglio, mi acciglio.

I ricordi, il passato:
sono sempre in agguato!
Rimango ancora a scrivere
sul mio fiume...per vivere.

Il Riflesso

Pdf

O Poeta!

Ramingo Poeta, che verseggi
all'ombra di rovi verdi
fra spinose bacche more;
dove bianche file di gréggi
brucano l'erba, e, perdi
il senno a poetare, nelle ore
meridiane, nei singulti
del mesto meriggiare
consolato dal trillo di rondine.
Il tuo rimare, come sussulti
schiumosi dell'azzurro mare,
mentre passano nuvole candide.
La verità tra le tue parole
scritte nella roccia del tempo.
Respiri il silenzio goliardico.
Racconti la vita alla prole.
Verseggiare come passatempo
con il rimpianto nostalgico.
Parlami della strada stretta
della vita! Tu che respiri
l'effluvio del' immortale
anima. Dell'imperfetta
esistenza. Tu che su papiri
rendi eterna e sentimentale
la poesia. Strofe in sillabe.
Solfeggi liberi dello spirito.
Recita verso dopo verso
le rime della silloge.
Recita, Poeta, l'infinito.
Recita il mondo introverso!

L'abisso

Nell'abisso ho annegato
gli occhi per non vedere
più i tuoi. Ho strappato
brandelli dal cuore,
per non amare mai più!
Il dolore ha trafitto
il senno; il quale smarrito
ho nell'abisso.
Nelle onde ho soffocato
il respiro, nel maroso;
mentre nascondevano
i gabbiani, con i forti
garriti, il muto penare.
Nell'abisso ho lasciato
andare i sogni. Nel mare
ho naufragato ricordi.
La chiglia spezzata
del cuore giace
sul fondale senza penare.

A piedi nudi

Come quando eri
fanciullo, con ignudi
piedi cammini sulle
roventi piastrelle.

Senti sassolini penetrare
la fragile pelle.
Senti rametti scricchiolare.
Non fanno male...

Niente fa male.
Cute incallita
dal tempo.
Non senti dolere.

Nel tuo invecchiato
petto senti penare.
Il passato ingordo
ha ingoiato il dolce ricordo.

Tutto è stato divorato!
Tutto appartiene al passato.

Sei rimasto seduto
nelle tue lacrime silenziose.
Le quali, oziose
bagnano la pelle incallita.

Scivolano fra le dita
ed evaporano
dalle arse piastrelle.

Non sei più fanciullo.
Non hai più il trastullo.
Non ci sono chimere.
Le giornate sono vere!

La felicità

Negli angoli remoti
del vivere...ho
cercato felicità.

Ma poi, nella maturità
dei canuti capelli, ho
capito! A me ignoti

erano dell'egoismo
i segnali: ricercare
gaudio personale.

Fittizia ed artificiale
è una gioia da agognare!
Universale felicità e altruismo.

Poeta maledetto

Io sono poeta maledetto,
tarpate ali. Il cantore
caduco caduto. Volo interdetto.
Nelle vene, il calore
ostruito silente, adagio scorre.
Il menestrello mesto
scrive senza colore,
assente il rumore, odore funesto.

La finestra cinguetta!
Dolce melodia. Questo penare
porta via. Cinguetta
di strade il rumore. Questo vociare
riporta il petto amaro
ad amare sifatta esistenza ardua.
Diventa azzurro chiaro
il cielo dalla finestra; essa, forgia
speme, e, vanisce amaro.